
E dopo la rabbia, lo sfogo e l'impusività del rifiuto di vedere un risultato elettorale, si torna alla ragione e alla politica, in futuro nuovamente condita con un pò di filosofia.
Bene, inizio con un post che deriva dai pensieri di ieri sera, dopo la debacle della sinistra a cui orgogliosamente ho sempre sostenuto di appartenere.
Le ragioni sono tante come tante sono le ragioni che mi impongono di continuare a esporre i miei pensieri che spero continuino a creare dibattito e riflessione.
Oggi narro la storia di una persona speciale, una di quelle persone che quando pensi alla loro vita tutto il resto sembra facile e ti viene pure vergogna quando ci si lamenta.
Mio zio.
Alessandrino di nascita, madre piemontese padre veneto, ultimo fratello di tre figli.
Da piccolo si prende la poliomelite, malattia molto diffusa allora in quanto non esisteva il vaccino, ma è sopravvissuto rimanendo però praticamente paralizzato per metà corpo, tutta la parte destra.
Una volontà e tenacia di ferro, mai fermo di fronte alle difficoltà, e di difficoltà ne ha avute tante, di tutti tipi.
Da ragazzo imparò a nuotare dopo una scommessa, imparò nel fiume Bormida, con un braccio e una gamba attraversò il fiume. Uno sforzo incredibile per lui ma ce la fece.
Picchiato insieme alla sua famiglia dai fascisti perchè il padre, socialista, rifiutò la tessera del partito fascista, quindi licenziato dalle ferrovie, continuò a fare politica clandestina nelle fila appunto del PSI.
Ritenuti, il padre, e i suoi fratelli, pericolosi per l'ordine pubblico, erano costreti a stare in casa con un carabiniere alla porta ad ogni manifestazione cittadina o nazionale, una umiliazione per gente onesta quali erano.
Non fece il militare per ovvie ragioni, ma fin dall'inizio della nascita del movimento partigiano aderì e li seguì sulle montagne del Piemonte.
Le marce per lui erano una doppia fatica, all'inizio non lo volevano, ma lui dimostrò di essere sempre all'altezza, anzi, negli scontri a fuoco la sua bravura nello sparare era superiore agli altri.
Divenne capo di una compagnia, partecipò agli attacchi contro i tedeschi nelle valli alessandrine dell'appennino, ai sabotaggi, agli attenatti dinamitardi contro i fortini delle munizioni.
Nel giorno della liberazione lo nominarono comandante partigiano di Alessandria e a capo del CLN locale amministrò le prime settimane Alessandria, in attesa del 25 Aprile.
Quando ero ragazzo rimanevo ammutolito nel sentire raccontare le sue vicende. Spesso minimizzate da lui stesso, ma molte volte, persone intorno a lui, testimoniavano il suo valore.
Ho imparatto anche da lui, come da mio padre, cosa sia la modestia.
Ho imparato tante cose da quei racconti, per prima cosa il rispetto per chi mi ha permesso di vivere libero e il rispetto per chi morì.
Ho imparato che non bisogna vergognarsi quando ci si commuove, perchè la bontà non va mai trattenuta.
Ho imparato la forza delle proprie convinzioni, che non bisogna cedere mai quando si è nel giusto.
Lui è ancora vivo, ha 86 anni, abbastanza arzillo, ma quello che più affascina è quello sguardo fiero e sicuro. Non incute timore, anzi, ma quegli occhi ti infondono forza e coraggio e ti dicono
" se ce lo fatta io ce la potete fare anche voi".
Aggiungo un piccolo aneddoto giusto per dimostrare che carattere aveva:
Non volevano dargli la patente, lui allora fece fare una interrogazione parlamentare e il ministro di allora gliela fece avere. Una delle prime patenti poi chiamamate F.
Allora andò in Olanda, si comprò una delle prime macchine con guida speciale sulla destra e ha sempre guidato fino a pochi anni fa.
La risposta del ministro del 1955 è in internet come testimonianza delle sue battaglie anche civili.
Lorenzo