lunedì 27 ottobre 2008
Incomprensione
Dedicato a me stesso:
"Anche se la ragione non serve sempre non potrai mai liberarti della incomprensione. E' vero, è strana, ma è proprio grazie a questa che in parte ci fa capire il prossimo. E' impossibile evitarla. Dovrai affrontarla prima o poi."
(Bergson)
domenica 26 ottobre 2008
Sulle classi divise
lunedì 20 ottobre 2008
Il mito della caverna
Al centro della “CITTÀ” detta anche “REPUBBLICA” si colloca un celeberrimo mito detto “della caverna”.
Immaginiamo degli uomini che vivano in una abitazione sotterranea, in una caverna che abbia l’ingresso aperto verso la luce per tutta la sua larghezza, con un lungo andito d’accesso; e immaginiamo che gli abitanti di questa caverna siano legati alle gambe ed al collo in modo che non possano girarsi e che quindi possano guardare unicamente verso il fondo della caverna medesima.
Immaginiamo poi che, appena fuori dalla caverna, vi sia un muricciolo ad altezza d’uomo e che dietro questo, (quindi interamente coperti dal muricciolo) si muovano degli uomini che portano sulle spalle statue lavorate in pietra e in legno, raffiguranti tutti i generi di cose.
Immaginiamo, ancora, che dietro questi uomini arda un grande fuoco e che, in alto, splenda il sole.
Infine immaginiamo che la caverna abbia una eco e che gli uomini che passano al di là del muro parlino e che le loro voci rimbalzino per effetto dell’eco.
Ebbene, se così fosse, quei prigionieri non potrebbero vedere altro che le ombre delle statue che si proiettano sul fondo della caverna e udrebbero l’eco delle voci; ma essi crederebbero anche che le voci dell’eco fossero le voci prodotte da quelle ombre.
Ora, supponiamo che uno di questi prigionieri riesca a sciogliersi a fatica dai ceppi; ebbene, costui con fatica riuscirebbe ad abituarsi alla nuova visione che gli apparirebbe e, abituandosi, vedrebbe le statuette muoversi al di sopra del muro e capirebbe che quelle sono ben più vere di quelle cose che prima vedeva e che ora gli appaiono come ombre.
Supponiamo che qualcuno tragga il nostro prigioniero fuori della caverna e al di là del muro; ebbene, egli resterebbe abbagliato prima dalla gran luce e poi, abituandosi, vedrebbe le cose stesse e, da ultimo, prima riflessa e poi in se, vedrebbe la luce stessa del sole e capirebbe che queste e solo queste sono le realtà vere e che il sole è causa di tutte le altre cose visibili.
Innanzitutto, il mito della caverna simboleggia i generi dell’essere sensibile e soprasensibile con le suddistinzioni:
le ombre della caverna sono le mere parvenze sensibili delle cose, le statue le cose sensibili; il muro è lo spartiacque che divide le cose sensibili e le soprasensibili; al di là del muro le cose simboleggiano il vero essere e le Idee, e il Sole simboleggia l’Idea del Bene.
In secondo luogo, il mito simboleggia i gradi di conoscenza nelle due specie e nei due gradi di queste: la visione delle ombre simboleggia l’immaginazione, e la visione delle statue simboleggia la credenza; il passaggio della visione delle statue alla visione degli oggetti veri e la visione del sole, prima mediata e poi immediata, rappresenta la dialettica nei vari gradi e la pura intellezione.
In terzo luogo simboleggia l’aspetto mistico e teologico del platonismo: la vita nella dimensione dei sensi e del sensibile è vita nella caverna, così come la vita nella dimensione dello spirito è vita nella pura luce; il volgersi dal sensibile all’intellegibile è espressamente rappresentato come conversione; e la visione suprema del sole e della luce in se è visione del Bene e contemplazione del Divino.
Nella concezione squisitamente platonica si esprime, in quarto luogo, la concezione politica. Platone parla infatti anche di ritorno nella caverna di colui che si era liberato dalle catene, di un ritorno che ha come scopo la liberazione dalle catene di coloro in compagnia dei quali, egli prima era schiavo. Questo ritorno è indubbiamente il ritorno del filosofo – politico, il quale se seguisse il suo solo desiderio, resterebbe a contemplare il vero, e invece superando il suo desiderio, scende per cercare di salvare anche gli altri ( il vero politico, secondo Platone, non ama il comando ed il potere, ma usa comando e potere come servizio per attuare il bene).
Ma l’uomo che ha “visto” il vero Bene, dovrà e saprà correre il rischio di non essere creduto e di non potersi più riadattare e riabituare al buio, quando ritornerà nella caverna.
Lorenzo
sabato 18 ottobre 2008
Complicità
giovedì 16 ottobre 2008
Sulle classi separate
martedì 14 ottobre 2008
Riflessioni
Lo studio è sempre stato per me il rimedio sovrano contro il disgusto della vita, e non ho mai provato un dolore che un'ora di lettura non sia riuscita a far svanire.
(Montesquieu)
lunedì 13 ottobre 2008
Quando gli angeli cantavano,ballavano e suonavano
E' vero che dalle finestre
non riusciamo a vedere la luce
perché la notte vince sempre sul giorno
e la notte sangue non ne produce,
è vero che la nostra aria
diventa sempre più ragazzina
e si fa correre dietro
lungo le strade senza uscita,
è vero che non riusciamo a parlare
e che parliamo sempre troppo.
E' vero che sputiamo per terra
quando vediamo passare un gobbo,
un tredici o un ubriaco
o quando non vogliamo incrinare
il meraviglioso equilibrio
di un'obesità senza fine,
di una felicità senza peso.
E' vero che non vogliamo pagare
la colpa di non avere colpe
e che preferiamo morire
piuttosto che abbassare la faccia, è vero
cerchiamo l'amore sempre
nelle braccia sbagliate.
E' vero che non vogliamo cambiare
il nostro inverno in estate,
è vero che i poeti ci fanno paura
perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
amano l'odore delle armi
e odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
anche se noi diciamo che è
una finestra sbagliata.
E' vero che non ci capiamo,
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e non facciamo mai niente.
E' vero che spesso la strada ci sembra un inferno
e una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
Claudio Lolli (1976)
Quando gli angeli sapevano cantare
Lorenzo
domenica 12 ottobre 2008
Tutto l'amore del mondo(on the road)
Riprendetevi la strada e vivetela...........on the road
Lorenzo,49 anni............ho urlato tutto l'amore del mondo da ragazzo......e non ho ancora smesso.
mercoledì 8 ottobre 2008
Libertà
martedì 7 ottobre 2008
Solitudine e folla
L'uomo della folla, di Edgar Allan Poe, si apre a Londra "sul finire di una sera autunnale". Attraverso la vetrata dei terrazzi del caffè in cui è seduto, il protagonista vede sfilare la grande massa - la "calca" - in decine di categorie sociali che anticipano quelle di questi anni: per esempio, i giovani "con gli abiti attillati, gli stivali lucidi, i capelli impomatati e le labbra sprezzanti" ricordano tanti giovani manager palestra-fuoristrada-gel-Rolex della neoborghesia cafona italiana. Poi, sempre in rigorosa soggettiva, viene attratto dal volto di un vecchio. Lo pedina: e l'inseguimento, in un succedersi di svolte ubriacante e onirico, che si fa a ogni passo più angoscioso, lo porterà per ventiquattr'ore ininterrotte nelle zone più nebbiose, depressive, alienate della città, le zone del proletariato, dove si respirano un "disagio", un'"irrequietezza", una "disperazione" che sono le stesse viste sul volto del vecchio. Al tramonto successivo, l'inseguitore cede, esasperato dal fatto che l'inseguito ("l'uomo della folla") non si fermi mai, che sia come costretto a macchiarsi del "crimine più abietto", cioè "rifugge la solitudine". Ma è davvero una fuga? Nell'inizio del racconto Poe descrive degli impiegati - dei dannati - che procedono "con fare inquieto, gesticolando e parlando tra sé, come se si sentissero soli proprio a causa della folla".
Ho dovuto sorridere in questi giorni, così mi si richiedeva, così ho fatto...........
Lorenzo
Sull'integrazione sociale
Dal punto di vista sociologico, si possono mettere in rilievo tre categorie concettuali di riferimento: integrazione, interazione, inclusione, ognuna delle quali mette in moto un meccanismo relazionale che ha esiti diversi. Tra i tre termini è l’ultimo quello più innovativo, in quanto scaturito dal dibattito sulle relazioni interculturali. Inclusione “dell’altro” significa accogliere all’interno di un sistema la diversità che l’altro di per sé incarna, facendone parte costitutiva, basata “…sul riconoscimento reciproco tra individui, “diversi” sì, ma ugualmente partecipi e responsabili della realtà che condividono”.metodo di lavoro che implica un processo di de-costruzione di quell’immaginario complesso, che è la lente attraverso la quale vediamo e interpretiamo la realtà. L’adesione a questo metodo, che diventa alla fine impostazione di pensiero, non implica una perdita identitaria o culturale, bensì l’accettazione di L’inclusione fonda, da un punto di vista pedagogico, un concetto di intercultura intesa come un’idea complessa, sfaccettata, non lineare di realtà.
Lorenzo
lunedì 6 ottobre 2008
Comprensioni
sabato 4 ottobre 2008
L'appuntamento
Venerdì, 3 Ottobre 2008. ore 12,20 :
come al solito dò appuntamento vicino alla scala della stazione di Roma Termini.
Io sono puntuale col treno ma lei mai col tram.
Aspetto vicino alle fatidiche scale, che portano poi al ristorante.
Lunga attesa ma lei non si vede,(Vedi che non lasci gli spazi!!!!! mi sta tormentando lei,in questo momento, in un orecchio).
Provo a telefonare e mi dice che è tutta da un'altra parte,vicino ai binari!
"Ah ecco, Te vedo! 'Sta lì, nun te move!"
Io! non mi devo muovere! ma chi si è mai mosso dal punto prestabilito!
La vedo avvicinarsi, il suo sorriso mi fa dimenticare una incipiente incazzatura .
"Ao, ero da un'altra parte, pensavo che le scale fossero laggiù, poi mi sono trovata vicino ai binari."
Si deve sapere che ormai sono dieci anni che ci troviamo in stazione (quasi mai nello stesso punto), ma era abitudine trovarsi li e poi mangiare qualche cosa.
I cronici ritardi dei tram( e suoi) ci fanno improvvisare qualsiasi sorta di appuntamento.
Mi sta dicendo in questo momento, di non fare il furbo perchè una volta sono sceso a Latina invece che a Roma( io sono pure ferroviere!)
Questi sono i nostri primi 5 minuti di incontro, da dieci anni a sta parte.....(5 puntini, per la cronaca non va bene nemmeno così!)
Lorenzo
Venerdì 3 ottobre 2008 ore 12,50:
Beh, ad essere onesta sono arrivata con un pò di ritardo, quindi non erano proprio le 12.20 (mica tutta colpa mia, i tram qui funzionano......ok lo ammetto,solo colpa mia, riesco sempre a far tardi pur preparandomi con grande anticipo). Mi telefona, indicandomi, con la sua solita precisione, il luogo dell'incontro, io che vado di fretta perchè già so di essere in ritardo, non ascolto, gli dico va bene, ci vediamo lì.
Ma lì dove?
Vabbè, poi se non lo trovo lo chiamo col cellulare.
Una corsa contro il tempo la mia, sono l'unica persona in tutta Italia che spera nei ritardi dei treni per arricare puntuale. Ma non ho scampo: il tram si fa tutti semafori e non salta nemmeno una fermata.
Arrivo in stazione e m'incammino, ovviamente dalla parte sbagliata (ma qual'era quella giusta?),
Chiamarlo subito no, ho una dignità da difendere, quindi inizio a guardarmi intorno. Il mio senso d'orientamento è zero, però non ricordo i binari vicini alle scale che portano al ristorante.
I binari ci sono, le scale no!
Non ho capito niente? Mi sono persa!
Lui mi toglie dall'impasse, chiamandomi al cellulare. L'onore è salvo!
Non solo è già da un pò ad aspettarmi alle scale, ma è anche passato dal bancomat e ha comprato pure il regalo per un nostro amico.
- E non aggiungo altro!- mi dice. Non vuole farmi pesare il ritardo? Ho qualche dubbio a tal proposito.
- Dove sei? - La sua è una calma che non mi piace.
- Arrivo, ci sono quasi, però non ti vedo - cerco di aggiustare io che sinceramente non so proprio dove andarlo a cercare
- Sto aspettandoti proprio dove dovevamo incontrarci. - L'infame non mi vuole aiutare
- E sto esattamente dalla parte opposta dove stai di sicuro tu.- Ironizza
Parte opposta......è un indicazione, mi giro, lo vedo
- Ah ecco, ora ti vedo. Stai fermo lì e non ti muovere!
Si muove invece, mi ha vista e mi viene incontro. E' bellissimo sempre ritrovarsi.
Marilena
PS - Mi manda in paranoia perchè non tiene conto nè della punteggiatura nè degli spazi, inoltre rifiuta l'idea che i puntini sospensivi debbano essere, a mio parere, sempre sei!
Sull'informazione oggi
«La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l'illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa.
Quando gli avvenimenti sono istantanei e appassionanti, ci lasciamo trascinare dal loro flusso.
Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente.
Ma si fa di tutto per cancellare ogni memoria.»
Noam Chomsky
Cattolicesimo e contraccettivi
Siamo arrivati anche a questo:
I contraccettivi sono immorali!
Le ultime dichiarazioni del Papa,riguardo l'uso degli anticoncezionali,compreso il preservativo,mi hanno fatto pensare quanto poco basta perdere tutte le conquiste in campo civile degli ultimi anni.
Perchè?
Perchè la reazione dell'opinione pubblica è stata zero o quasi nulla.
Ma nessuno ha mai spiegato al papa che il profilattico non serve solo a non fare figli, ma é anche - e soprattutto - l´unico modo per proteggersi da malattie MORTALI come l´AIDS?
Che ha evitato numerosi aborti?
Fossi nei panni del Papa, mi sentirei sulla coscienza tutte le persone morte di AIDS per aver seguito questo dettame della Chiesa e non aver quindi usato il preservativo.
Il problema ,ora,per noi,è anche riguardo i farmacisti: l'appello del Papa è anche per loro.Vendere anticoncezionali è immorale!!!!
Prima di recarsi in farmacia, ci pensi bene chi vuole comprare gli "immorali" anticoncezionali. Si informi prima sugli orientamenti religiosi del titolare della farmacia.
A proposito, in barba alla Costituzione e allo Statuto dei Lavoratori, i dipendenti dovranno condividere la confessione religiosa del gestore?
Comprare un farmaco potrebbe essere sempre più complicato.
E chissà se in nome di un' idea di umanità univoca e coincidente con quella apostolica cattolica romana, a qualche farmacista più zelante non venga in mente di sottoporre agli acquirenti questionari che verifichino l'indice di tendenza libertaria delle menti.
E magari, se risulta che preferiscano scegliere responsabilmente senza bisogno di tutori dell'anima, negare loro anche un semplice analgesico?
Ma la cosa che più mi inquieta è la seguente:
I laici dove sono????
Lorenzo
venerdì 3 ottobre 2008
Sul multiculturalismo
"Inclusione - scrive Habermas - qui non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell’altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche a coloro che sono reciprocamente estranei e che estranei vogliono rimanere"
J.Habermas