lunedì 13 settembre 2010

Blue in the Face




Il fumo della sigaretta è sempre stato un simbolo si del vizio ma anche della seduzione e del carattere. Nel cinema la sigaretta è quasi sempre stata usata per dare più forza e decisione al personaggio, conferirgli una aureola misteriosa o semplicemente caratterizzarlo.
Ma il cinema americano non si è limitato soltanto nel dare questo ruolo alla sigaretta, ne ha fatto pure un film, anzi due, dove il tabacco, le sigarette e soprattutto i fumatori sono i protagonisti assoluti del film di Wain Wang, regista cinese forse più newyorkese dei newyorkesi stessi.
Dicevo che due sono i suoi film, rispettivamente Smoker e Blue in the Face, dove si racconta la storia di incontri in una tabaccheria di Brooklyn, tenuta da Auggie ( Harvey Keithel ).
La tabaccheria di Auggie è il centro attorno al quale ruota la vita di una intera comunità e dove si intrecciano storie, esistenze, speranze e sogni. Un gruppo eterogeneo di personaggi che commentano, osservano, raccontano, ricordano.
Blue in the face non è un racconto, ma un insieme di racconti senza una vera trama. E ' uno squarcio di quartiere, città nella città, come lo sono poi tutti i quartieri di New York, ma è anche uno spaccato di America, con i suoi idiomi, etnie, confessioni religiose e miti come i Dodgers e la cialda belga.
Il risultato è una tranquilla armonia umana, la vera bellezza di Brooklyn.
" Tutto il quartiere viene qui, un ritrovo e questa tabaccheria fa in modo che il vicinato resti unito. A venti isolati da qui i ragazzini si sparano per un paio di scarpe. Chiudere questo negozio è uccidere il quartiere".
Questa è la frase emblema del film, l'integrazione in uno spazio, la conversazione, il fumarsi una sigaretta in pace e in compagnia, una sorta di serena unità.

Anteprima

Il film non si può dire sperimentale, ma utilizza tecniche espressive e fotografiche originali.
La scelta del regista di mantenere la macchina da presa fissa da un senso di film verità, una sorta di documentario su Brooklyn e la sua gente.
Si, perchè è la gente e le parole i veri protagonisti del film. Blue in the Face è una espressione idiomatica newyorkese che si da quando uno parla veloce, senza interruzione ( fino a perdere il fiato, appunto blu in faccia).
La storia, così come l'angolo del quartiere, sembra quasi fuori dal tempo, ma con una connotazione molto umana. Soltanto le didascalie suggeriscono il trascorrere delle ore e dei giorni secondo i pensieri di Auggie, vera e propria memoria storica del quartiere.

Molto bella, ad esempio, questa scena del film fra Harvey Keithel e Jim Jarmush, un altro dei tanti protagonisti.




Dedicato a chi apprezza ancora una sigaretta in compagnia.

Lorenzo

3 commenti:

Felinità ha detto...

Bellissimo film, idea geniale e attori in stato di grazia. Lorenzo Keitel è grande ..... e la sua macchina fotografica che fissa i giorni uguali e sempre diversi è autentica poesia.
Un bacione stragattoloso fffffffffrrrrrrrrr

Felinità ha detto...

Non fumo proprio in genere sono the-gelato-cioccolato amaro e mi sa molto altro - dipendente in compenso ......
Keitel è uno dei più bravi e coraggiosi su certe parti difficili ...... vedi Il Cattivo Tenente . Un abbraccio Lorenzaccio

logos nella nebbia ha detto...

Io invece ho anche questo vizio. Smisi per 4 anni poi dopo l'alluvione del '94, in cui ne rimasi coinvolto, ricominciai.
In compenso bevo poco thè ma molto caffè:))
Gelati ne mangio pochi, ma mi piacciono , specialmente le creme, ma anche qui le basse dosi sono compensate dalla cioccolata che mi piace da morire.
Qunado vengo a Genova inizio a sentire l'assuefazione da focaccia e appena inizio a percorrere Via S.Vincenzo paragono le panetterie a dei pusher pronti a vendermi " la roba". hehhehehhe
Per non parlare del paniname vario che ti tenta " Il Baretto", vero e proprio dilatapancia-tentatore :)
Un abbraccione anche a te Fel.
Lorenzo

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