In questi giorni ho sentito troppo spesso parlare del disagio giovanile ( e non) sotto il profilo medico/clinico. Penso che stiamo importando la tendenza americana a clinicizzare tutto. Ogni insufficienza di tipo comunicativo,ogni disagio, viene catalogato come caso clinico, quindi curabile con farmaci, Ritalin, Prozac.... I farmaci non sono un rimedio alla comunicazione mancata, basti pensare che molte persone ricorrono a" farmaci" contrari tipo cocaina o mariuana o altro! Si parla dei giovani, ma non ho mai sentito parlare, in modo serio, di come erano prima di essere ragazzi, cioè bambini.
Noi, trasmettendogli un sorriso,spesso ricambiato, di vittoria su una competizione con altri figli abbiamo insegnato loro la "stupida competizione.
La mia domanda è: perchè riempivamo di baci i nostri figli piccoli per poi fare a gara con gli altri genitori su chi contava meglio? su chi conosceva più marche di auto o sapeva leggere le targhe?
Quanto mondo sia stato veicolato dalla nostra presenza " attiva" che seguiva i loro itinerari di scoperta, rassicurandoli e mettendoli in guardia in modo che potessero apprendere gli itinerari fiduciosamente praticabili e quelli rischiosi nel loro modo ingenuo di essere al mondo? Quanto invece abbiamo parlato con loro e soprattutto quanto li abbiamo ascoltati?
I bambini non crescono come le piante,dove basta un seme caduto in un terreno adatto,magari preparato con cura . I bambini crescono bene solo se si parla tanto con loro,non con parole tipo " fai questo,fai quello"ma con parole curiose per scoprire il perchè dei loro movimenti,delle loro congetture con cui i bambini creano lo schema del loro mondo, in cui noi siamo ospiti come compagni di viaggio, non come spettatori. La clinica non sara mai in grado di fare, dopo,quello che fa la buona pratica umana. Anche perchè dopo, quando saranno ragazzi......sarà tardi, non ci faranno entrare nel loro mondo nemmeno come spettatori.
Lorenzo
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