Su un punto aveva ragione Wittgenstein: il linguaggio può provocare fraitendimenti e crampi nel pensiero. Userei la parola 'distorsione'.
Abbiamo una distorsione quando crediamo che il processo del pensiero sia il risultato di una semplice congiunzione di idee (di semplici parole), e non l'esito di un procedimento più complesso nel quale i fatti mediano sempre e comunque tra un'idea e l'altra, 'stanno' in alcune parole e in altre no. 'Stanno in una frase e in un'altra no'.
C'è molta confusione oggi e nessuno distingue più fra discorsi fatti con la pancia oppure con la testa. Tutto è verità.
Non so se a voi è mai capitato di ascoltare con attenzione il modo in cui le persone si esprimono.
Ci sono individui che quando parlano trasudano fisicità. Quando dicono "coniglio" è come se l'avessero in bocca, e quando dicono "bella ragazza" è come se l'avessero tra le braccia. Oserei dire che questo genere di individui rende palese che i fatti e le cose entrano nel linguaggio in ogni momento, non tra una parola e l'altra, ma con la parola stessa, mediante quella magia per la quale lo schioccare della lingua non è un monotono susseguirsi di consonanti e vocali, ma un 'suono' evocativo, un'immagine viva.
Per questo genere di persone, posto che siano coscienti di questa loro caratteristica, è molto probabile che, come per Quine, non si dia mai il problema di come la singola parola e l'insieme del linguaggio, 'si aggancino' al mondo.
Il mondo è già nella parola che dice "ragù". :DDDDDD
Ovviamente, quella di Quine non è una posizione convincente. Noi possiamo prendere atto che ci sono persone che la vedono così, ma non possiamo ricorrere ad argomenti siffatti per battere lo scetticismo.
Infatti, anche la bianchezza della neve o la gustosità di un coniglio in umido fanno ancora problema per lo scettico che rifiuta le più banali evidenze empiriche. Procedendo oltre, per di più, saliamo ad un livello nel quale non c'è più nulla di costitutivamente intrinseco.
Un'istituzione sociale o politica non ha, e non può avere, in sè attributi come la bianchezza o la gustosità, quindi nemmeno la validità.
Anch'essa non è altro che un arnese, un cacciavite a stella. La sua efficacia dipende da chi la usa. Dipende da chi esercita le funzioni.
Ebbene, anche in questo caso avviene la distorsione come succede a chi parla di coniglio.
Parlare di cambiare la costituzione come se fosse una questione di gusti, parlare di semipresidenzalismo, presidenzialismo modello USA o Francia come se si parlasse di ragù è un modo distorto di usare il linguaggio, perchè le verità non sono in sè. Persino una dittatura potrebbe essere giudicata positivamente, se non fosse che i dittatori non amano sottoporsi a controlli e verifiche per vedere se funzionano o meno.
Però, noi abbiamo davanti esempi storici di dittature a termine sottoponibili a verifica.
E senza andare all'antica Roma, basta guardare agli Stati Uniti.
Il presidente è un dittatore di fatto, gode di poteri molto estesi, tanto quanto Hitler o Stalin e Mao Tsedong. Eppure gli Stati Uniti rappresentano ormai un modello di democrazia e di società aperta. Come mai?
Perchè le regole del controllo sono rigide e condivise da tutti Un punto su cui Popper ebbe indubbiamente ragione ad insistere è quello della controllabilità delle istituzioni. Un'istituzione è migliore delle altre se è controllabile, se è previsto che chiunque possa attuare una verifica del suo operato. Solo così siamo in democrazia reale e non in un regime di democrazia formale ed apparente, cioè in un colossale inganno. Ma perché si possa esercitare il diritto occorre una preparazione. Il grande problema delle democrazie è che i cittadini ignorano del tutto l'arte e le tecniche del controllo.
Delegano, oppure non ci pensano nemmeno.
Sono convinto che per andare nella direzione auspicata da Popper, occorra una politica di sinistra, l'esatto contrario di chi si illude di aver trovato nelle minoranze illuminate, parlamentari o dei singoli ministri, un potere salvifico e terapeutico. Tanto più che la loro concezione della 'cattedra' mi sembra si basi sul diritto divino della successione dinastica all'interno della loro casta.
De Andrè cantava che da un diamante non può nascere un fiore.
Però un fiore può nascere in terra concimata dallo sterco dai maiali.
Se non ricorriamo ad una teoria per la quale anche dai negri, dagli arabi, dai pigmei, dai terroni, dai comunisti e dai leghisti può venire il fiore che serve all'umanità, ci facciamo del male da soli eliminando meccanicamente delle opportunità.
Ecco perché sono "di sinistra" .
Sostengo uguali opportunità in condizioni di partenza il più possibili uguali. Partiamo con l'handicap, si sa. Ma la corsa è lunga, e una vera opportunità non si fa scoraggiare dall'handicap.
Per ridurre questo handicapp bisogna allora parlare di etica politica, di senso morale ed etica del discorso. Il senso morale non può nascere in un mondo spopolato, su un'isola deserta. Il senso morale ha un senso perché esistono gli altri.
La morale deve avere dei fondamenti nei fatti del mondo non solo contro la fasulla legge di Hume, ma persino contro un certo modo di interpretare Kant. Quando si esclude di poter fondare una posizione morale sui "fatti", ci si dimentica che anche i comportamenti umani sono "fatti" allo stesso modo di un evento fisico. E' sulla base di questi "fatti" particolari che si fanno le scelte morali. Kant era convinto di poter fondare la morale sul senso del "dovere", in un certo senso "a prescindere dai fatti".
Il problema è che Kant era una persona di carattere talmente nobile da non comprendere né la miseria morale di tanti altri, né l'esigenza di molti di fondare la propria morale su qualche argomento più terreno ed accessibile.
Parlava di "legno storto" dell'umanità.
Dato che anch'io non sono che "legno storto", preferisco insistere sulla reciprocità, anche se mi rendo conto che la reciprocità non gode di purezza assoluta, essendo viziata da un calcolo di convenienza.
Potrebbe essere denunciata come una forma subdola di eteronomia morale, cioè il "fare qualcosa in vista di un premio", un risultato. Inoltre, si potrebbe affermare che la "reciprocità" potrebbe diventare una dottrina che legittima una reazione violenta a tutto ciò che non si dispone ad entrare nel quadro di 'quello che non vorremmo mai fosse fatto a noi stessi'.
Considerare tradimento della reciprocità comportamenti istintivi ed innocenti è sicuramente l'errore più frequente commesso dalle persone che ad essa più o meno coscientemente si richiamano. Dimenticano che affinché vi sia realmente reciprocità, occorre avere una coscienza evoluta, una coscienza che ha compreso l'insegnamento di Kant e che non lo rifiuta, ma cerca semmai di renderlo semplicemente più umano, "alla mano".
E' quanto sto cercando di fare.
Chi si diletta con cervellotiche contrapposizioni filosofiche potrebbe sguazzare nell'antinomia tra morale kantiana e morale della reciprocità, ma a me sembra che le due posizioni possano felicemente sopravvivere in modo complementare senza scivolare nel relativismo più spinto.
Mi sembra di aver dato una piccola dimostrazione filosofica, basata su principi condivisi, per cui questo governo bisogna mandarlo a casa!!:))
Lo so, ho giocato con le parole e le idee, ma spero di aver aperto, in chi mi legge, un pò la mente. Non basta criticare le azioni del governo, sono giudizi relativi, chiunque può pensarla al contrario e quindi potenzialmente aver ragione. Bisogna basarci su principi condivisi quali il bene e il male, la libertà, l'inviolabilità e il rispetto dell'individuo, il rispetto per le regole e il suo controllo.
Lorenzo
Abbiamo una distorsione quando crediamo che il processo del pensiero sia il risultato di una semplice congiunzione di idee (di semplici parole), e non l'esito di un procedimento più complesso nel quale i fatti mediano sempre e comunque tra un'idea e l'altra, 'stanno' in alcune parole e in altre no. 'Stanno in una frase e in un'altra no'.
C'è molta confusione oggi e nessuno distingue più fra discorsi fatti con la pancia oppure con la testa. Tutto è verità.
Non so se a voi è mai capitato di ascoltare con attenzione il modo in cui le persone si esprimono.
Ci sono individui che quando parlano trasudano fisicità. Quando dicono "coniglio" è come se l'avessero in bocca, e quando dicono "bella ragazza" è come se l'avessero tra le braccia. Oserei dire che questo genere di individui rende palese che i fatti e le cose entrano nel linguaggio in ogni momento, non tra una parola e l'altra, ma con la parola stessa, mediante quella magia per la quale lo schioccare della lingua non è un monotono susseguirsi di consonanti e vocali, ma un 'suono' evocativo, un'immagine viva.
Per questo genere di persone, posto che siano coscienti di questa loro caratteristica, è molto probabile che, come per Quine, non si dia mai il problema di come la singola parola e l'insieme del linguaggio, 'si aggancino' al mondo.
Il mondo è già nella parola che dice "ragù". :DDDDDD
Ovviamente, quella di Quine non è una posizione convincente. Noi possiamo prendere atto che ci sono persone che la vedono così, ma non possiamo ricorrere ad argomenti siffatti per battere lo scetticismo.
Infatti, anche la bianchezza della neve o la gustosità di un coniglio in umido fanno ancora problema per lo scettico che rifiuta le più banali evidenze empiriche. Procedendo oltre, per di più, saliamo ad un livello nel quale non c'è più nulla di costitutivamente intrinseco.
Un'istituzione sociale o politica non ha, e non può avere, in sè attributi come la bianchezza o la gustosità, quindi nemmeno la validità.
Anch'essa non è altro che un arnese, un cacciavite a stella. La sua efficacia dipende da chi la usa. Dipende da chi esercita le funzioni.
Ebbene, anche in questo caso avviene la distorsione come succede a chi parla di coniglio.
Parlare di cambiare la costituzione come se fosse una questione di gusti, parlare di semipresidenzalismo, presidenzialismo modello USA o Francia come se si parlasse di ragù è un modo distorto di usare il linguaggio, perchè le verità non sono in sè. Persino una dittatura potrebbe essere giudicata positivamente, se non fosse che i dittatori non amano sottoporsi a controlli e verifiche per vedere se funzionano o meno.
Però, noi abbiamo davanti esempi storici di dittature a termine sottoponibili a verifica.
E senza andare all'antica Roma, basta guardare agli Stati Uniti.
Il presidente è un dittatore di fatto, gode di poteri molto estesi, tanto quanto Hitler o Stalin e Mao Tsedong. Eppure gli Stati Uniti rappresentano ormai un modello di democrazia e di società aperta. Come mai?
Perchè le regole del controllo sono rigide e condivise da tutti Un punto su cui Popper ebbe indubbiamente ragione ad insistere è quello della controllabilità delle istituzioni. Un'istituzione è migliore delle altre se è controllabile, se è previsto che chiunque possa attuare una verifica del suo operato. Solo così siamo in democrazia reale e non in un regime di democrazia formale ed apparente, cioè in un colossale inganno. Ma perché si possa esercitare il diritto occorre una preparazione. Il grande problema delle democrazie è che i cittadini ignorano del tutto l'arte e le tecniche del controllo.
Delegano, oppure non ci pensano nemmeno.
Sono convinto che per andare nella direzione auspicata da Popper, occorra una politica di sinistra, l'esatto contrario di chi si illude di aver trovato nelle minoranze illuminate, parlamentari o dei singoli ministri, un potere salvifico e terapeutico. Tanto più che la loro concezione della 'cattedra' mi sembra si basi sul diritto divino della successione dinastica all'interno della loro casta.
De Andrè cantava che da un diamante non può nascere un fiore.
Però un fiore può nascere in terra concimata dallo sterco dai maiali.
Se non ricorriamo ad una teoria per la quale anche dai negri, dagli arabi, dai pigmei, dai terroni, dai comunisti e dai leghisti può venire il fiore che serve all'umanità, ci facciamo del male da soli eliminando meccanicamente delle opportunità.
Ecco perché sono "di sinistra" .
Sostengo uguali opportunità in condizioni di partenza il più possibili uguali. Partiamo con l'handicap, si sa. Ma la corsa è lunga, e una vera opportunità non si fa scoraggiare dall'handicap.
Per ridurre questo handicapp bisogna allora parlare di etica politica, di senso morale ed etica del discorso. Il senso morale non può nascere in un mondo spopolato, su un'isola deserta. Il senso morale ha un senso perché esistono gli altri.
La morale deve avere dei fondamenti nei fatti del mondo non solo contro la fasulla legge di Hume, ma persino contro un certo modo di interpretare Kant. Quando si esclude di poter fondare una posizione morale sui "fatti", ci si dimentica che anche i comportamenti umani sono "fatti" allo stesso modo di un evento fisico. E' sulla base di questi "fatti" particolari che si fanno le scelte morali. Kant era convinto di poter fondare la morale sul senso del "dovere", in un certo senso "a prescindere dai fatti".
Il problema è che Kant era una persona di carattere talmente nobile da non comprendere né la miseria morale di tanti altri, né l'esigenza di molti di fondare la propria morale su qualche argomento più terreno ed accessibile.
Parlava di "legno storto" dell'umanità.
Dato che anch'io non sono che "legno storto", preferisco insistere sulla reciprocità, anche se mi rendo conto che la reciprocità non gode di purezza assoluta, essendo viziata da un calcolo di convenienza.
Potrebbe essere denunciata come una forma subdola di eteronomia morale, cioè il "fare qualcosa in vista di un premio", un risultato. Inoltre, si potrebbe affermare che la "reciprocità" potrebbe diventare una dottrina che legittima una reazione violenta a tutto ciò che non si dispone ad entrare nel quadro di 'quello che non vorremmo mai fosse fatto a noi stessi'.
Considerare tradimento della reciprocità comportamenti istintivi ed innocenti è sicuramente l'errore più frequente commesso dalle persone che ad essa più o meno coscientemente si richiamano. Dimenticano che affinché vi sia realmente reciprocità, occorre avere una coscienza evoluta, una coscienza che ha compreso l'insegnamento di Kant e che non lo rifiuta, ma cerca semmai di renderlo semplicemente più umano, "alla mano".
E' quanto sto cercando di fare.
Chi si diletta con cervellotiche contrapposizioni filosofiche potrebbe sguazzare nell'antinomia tra morale kantiana e morale della reciprocità, ma a me sembra che le due posizioni possano felicemente sopravvivere in modo complementare senza scivolare nel relativismo più spinto.
Mi sembra di aver dato una piccola dimostrazione filosofica, basata su principi condivisi, per cui questo governo bisogna mandarlo a casa!!:))
Lo so, ho giocato con le parole e le idee, ma spero di aver aperto, in chi mi legge, un pò la mente. Non basta criticare le azioni del governo, sono giudizi relativi, chiunque può pensarla al contrario e quindi potenzialmente aver ragione. Bisogna basarci su principi condivisi quali il bene e il male, la libertà, l'inviolabilità e il rispetto dell'individuo, il rispetto per le regole e il suo controllo.
Lorenzo
7 commenti:
fiuuu! quanto tempo! (nell'incertezza che non sia 'chiaro', sono valeria, "le dimensioni del mio caos"). ho cambiato blog, adesso adopererò (sempre che non faccia la fine dell'ultimo) questo. suerte, tornerò al più presto a recuperare!
Lorenzo il filosofo che è in te è senza pari ...... però De Andrè non diceva che dai Diamanti può nascere un fiore, ma al contrario che dai Diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior ..... Un abbraccio miciosissimo
Sono le imperfezioni che ci rendono entità uniche e irripetibili ....... dillo a me che mi perdo lettere ovunque miaoooo un bacione
Allora Fel io sono più unico che raro!:)))))))
Perdo le lettere pure io, i punti di sospensione non sono mai dello stesso numero, vedo a volte a capo con la lettera minuscola, stravolgo le canzoni ecc............
Bacione anche a te
Ma grazie Francesca!!! Smackk
Ma è bellissimo questo post!!! Un vero gioco degno di un vero filosofo!:)))
Lo sai che io e la filosofia non andiamo molto daccordo ma leggendoti mi si apre la mente davvero.
Scusa se non partecipo alla diatriba:DDDDDDD
Grazie Doriana!!! E scusa per il ritardo nel risponderti.
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