Merleau-Ponty è, insieme a Sartre, il principale esponente dell' esistenzialismo francese: il motivo di fondo del suo pensiero (anche se la riflessione politica ne è una componente importante) è l' esistenza quale essenza dell'uomo .
A suo avviso, la riduzione fenomenologia non mette capo a una coscienza pura, come aveva preteso lo stesso Husserl, bensì ad un mondo della vita, antecedente ad ogni riflessione, nel quale soggetto e oggetto si presentano indistinti. Qui il rapporto originario con il mondo si costruisce attraverso il corpo , la cui dimensione fondamentale è data dall'esperienza vissuta della percezione . Il mondo è ciò che percepiamo e la fenomenologia si configura essenzialmente come descrizione delle modalità di percezione. Il corpo, infatti, è anteriore e irriducibile alla contrapposizione, costruita a posteriori dalla riflessione e dalle scienze fisiologiche, tra soggetto e oggetto, tra coscienza e mondo.
Questa impostazione consente a Merleau-Ponty di respingere le concezioni sartiane del nulla e della libertà. E' vero che il nulla appare nel mondo grazie alla soggettività e alla possibilità di trascendere il mondo e di annullare i propri progetti in ogni attimo, ma questa possibilità è sempre al tempo stesso quella di cominciare qualcos'altro, cosicché " noi non rimaniamo mai in sospeso nel nulla ", bensì " siamo sempre nella pienezza, nell'essere ". Allo stesso modo, egli rifiuta la nozione di il libertà assoluta, sganciata da ogni condizionamento, la quale porta alla conclusione della equivalenza delle scelte. La libertà assoluta è incompatibile con la nozione di situazione, ossia con l'essere-al-mondo, attraverso la corporcità e la percezione, che è proprio dell'uomo: " io non sono mai una cosa e non sono mai una coscienza nuda ", cosicché la libertà è sempre incontro di esteriore e interiore, è sempre condizionata e inserita in un orizzonte di possibilità.
Metafisica e nichilismo erano agli occhi di Merleau due forme di sapere insidioso ma contestabili. Il suo problema non era, come accadrà in seguito ad altri filosofi, di uscire dalla filosofia moderna. Ma di starci dentro in un modo originale. E per far questo segnalò con forza che cosa da Cartesio in poi era sfuggito a molti ma non a Husserl. Ossia che c' è un mondo che preesiste alla riflessione e che quel mondo non è staccato dalla coscienza, ma intrecciato con essa. Quel mondo è ciò che Merleau-Ponty chiamò corpo. Il corpo veniva prima di ogni altra cosa, prima della divisone tra materia e spirito, tra realtà e idea, tra soggetto e oggetto. Veniva prima di qualunque pretesa sistematica, prima dell' individuo. E quel corpo che improvvisamente balzava sulla scena filosofica non era lo stesso che la scienza fisiologica aveva indagato e analizzato. Il corpo, come lo pensava Merleau, era una specie di primordiale unità che conteneva dentro di sé quelle dualità che la filosofia moderna avrebbe programmaticamente tenuto separate e contrapposte. Dal corpo partivano le percezioni e queste non potevano essere indagate in chiave sensista, quasi che la percezione avesse la sua ragion d' essere in un mondo esterno che la rende vera.
Merleau era un intellettuale che credeva nelle virtù della sinistra. Quando uscì Umanismo e terrore, Sartre lesse e approvò. Disse, anni dopo, che Merleau era stata la sua guida. Scrisse "che egli si orientava meglio di me nel mondo ambiguo della politica. è stato Umanismo e terrore a farmi fare il salto".Tra umanismo (borghese) e terrore (proletario) Merleau abbracciò idealmente quest' ultimo.
Per il filosofo francese c' è una vita antecedente a ogni vita che viviamo (politicamente, culturalmente, biologicamente) ed è il nostro stare al mondo. Prendere innanzitutto coscienza di questo stato significava per lui misurarsi con il grado di libertà e di confusione che viviamo. Il mondo ci limita, la realtà ci condiziona, e nessun potere illimitato può mai esercitarsi sulle cose e sugli uomini.
Merleau si sentiva più responsabile delle cose che accadevano. Più cupo. Più triste. Più umano. Un uomo nostalgico della propria infanzia felice. Guardava la storia da sotto le luci dell' esistenza, non da sopra ,dove tutto è indistinto.
« Riflettere autenticamente significa darsi a se stesso, non come una soggettività oziosa e recondita, ma come ciò che si identifica con la mia presenza al mondo e agli altri come io la realizzo adesso. Io sono come mi vedo, un campo intersoggettivo, non malgrado il mio corpo e la mia storia, ma perché io sono questo corpo e questa situazione storica per mezzo di essi »M.-P.
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