martedì 28 luglio 2009

L'apparato lavorativo

Negli ultimi vent'anni c'è stata la più grande trasformazione del mondo lavorativo.
Ormai molti lavoratori , anzi i più, si trovano in quella condizione in cui " lavorare" significa "collaborare" all'interno di un apparato, dove le azioni di ciascuno sono già anticipatamente descritte e prescritte dall'organigramma per il buon funzionamento dell'apparato stesso.
Con ciò non voglio misconoscere che il lavoro eseguito da soli non ha mai costituito la parte principale del lavoro umano, ma solo osservare che, mentre un tempo " collaborare" significava lavorare con altri uomini e donne, nell'età della tecnica collaborare significa lavorare con e per l'apparato a cui gli altri lavoratori appartengono.
Significa che fra un lavoratore e l'altro si è " infilato" l'apparato, lasciando l'uomo che lavora solo con se stesso.
Al lavoratore, infatti, non è chiesto nè di sapere, nè di vedere, nè di provare o non provare interesse per quello che sta facendo.
Si partecipa, tutti insieme, ma soli nei fatti, al prodotto finito, da consumarsi il prima possibile, pena la crisi economica.
Questa è l'alienazione dei giorni nostri, essere soli di fronte agli apparati produttivi, con pausa, per di più, di esserne espulsi al primo sbaglio.
Lorenzo

4 commenti:

Luigi Morsello ha detto...

Quindi, la crisi delle OO.SS.

logos nella nebbia ha detto...

La stessa crisi la puoi vedere in altre parti del mondo, dalla Cina fino agli Usa passando per la Germania e Francia ( addirittura non sono pochi in Francia e Belgio gli episodi di sequestro di imprenditori). La crisi del sindacato rappresenta la crisi del dialogo fra le parti, succede dappertutto. In Austria, in Olanda, in Svezia proprio gli operai votano partiti ultranazionalisti come in Italia la Lega e lì non c'è stato l'amalgama dei DS.
E' una chiusura totale del dialogo fra lavoratori e imprese, proprio per i motivi che ho scritto sul mio post. Che ovviamente non è l'unico ma è un aspetto interessante io penso.

Luigi Morsello ha detto...

Lorenzo, a malapena capisco qualcosa dell'Italia!

logos nella nebbia ha detto...

Non è vero Luigi, capisci eccome.
Solo che noi italiani, e mi ci metto io in primis, tendiamo dare a tutto una dimensione solo nazionale.
Colpa della nostra cultura o altro, non sò bene, forse le alpi che ci dividono dal resto Europa.
Invece molto problemi dei giorni nostri hanno una valenza mondiale.
Non credo molto a complotti planetari, roba da fantascienza, ma penso che sia proprio il pensiero che cambia. Non so se sia un prezzo da pagare, forse è proprio nella nostra natura, ma la stabilità è una cosa effimera. Incomincio a pensarla così, spero di sbagliarmi.

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